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Cinquantasette anni di attività de "Il Catalogo" di Lelio Schiavone, a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta: è a questo lungo tempo di una galleria sempre fedele alla tradizione del nuovo, è alla sua storia, è alla sua memoria cristallizzata nello stesso spazio bianco, nella pace inattesa del cuore più vivo del centro di Salerno, che si attribuisce oggi il riconoscimento di notevole interesse storico. Un riconoscimento al tesoro delle carte che raccontano questi anni, lenti e veloci, carte che sono anche disegni fotografie, poesie, libriccini, cataloghi, inviti ai vernissages, che rappresentano quasi tutta la vita di Lelio e con lui oggi anche la vita del sodalizio con Antonio Adiletta, una storia tuttora in cammino. Perché ancora oggi "Il Catalogo è questo": un solido spazio di storia dell'arte, irrinunciabile, per registrare le opere e i giorni di un'epoca da una enclave inclusiva, ma non chiusa, sempre fedele al suo progetto, alle sue idee. Al progetto e alle idee di Lelio, fatte di impegno, civile soprattutto, di passioni, intorno alle quali si concentravano uguali passioni ma anche uguali amarezze di quelli che "L'Italia così com'è non ci piace", ma non rinunciavano e non rinunciano a credere nel patrimonio dell'arte, della poesia, di tutti i saperi, di tutte le raffinatezze intellettuali e ideali, per pensare, per vivere. Tra tante carte, disegni, lettere, pensieri, fotografie, pubblicazioni si è fatta anche casa editrice, si è raccolto un archivio un po' impressionista in cui si legge la vita della galleria, la vita di Lelio, quella dei suoi rapporti forti, eppure tessuti in punta di piedi, con garbo e signorilità, in cui si è sedimentato un patrimonio raro, prezioso, sì per i nomi, le firme, le persone e le personalità che vi compaiono, ma specialmente prezioso per inseguire un filo che diventa una trama, un tessuto di amicizie, di sentimenti, di delicatezze, un tessuto fatto di leggerezza, ma di non volatile forza, dirompente, anche quando si mantiene garbatamente estraneo alla dirompenza delle avanguardie e delle transavanguardie. Mentre i più organici storici, i protagonisti di questi movimenti, da Filiberto Menna, ad Angelo Trimarco, ad Achille Bonito Oliva restavano di casa a II Catalogo dove, nella soffusa ironia del dibattito, alle sciabolate del nuovo si replicava con il fioretto della tradizione toscana, delle Giubbe Rosse, mentre, implacabile, al concettuale si rispondeva con i Rosai, i Maccari, i Purificato, ma anche con i più giovani figurativi, da Schifano a Turcato. Intanto, negli anni, II Catalogo si intrecciava con il percorso artistico di Mario Carotenuto, i suoi carboncini, poi le farfalle, le barche, le spiagge di fine estate dell'amata Costiera. In ogni casa di una certa Salerno della borghesia intellettuale, delle professioni, c'è un po' de II Catalogo, un po' di Lelio, un po' di Mario Carotenuto. Tanti (tante soprattutto) abbiamo posato per un suo ritratto (e tanti di questi ritratti sono convenuti alla recente retrospettiva, per gli ottanta anni di Mario Carotenuto festeggiati così alla Provincia di Salerno. E le case di tutti gli amici de II Catalogo si distinguono con un imprimatur di fedeltà; per tante opere staccate dalle sue pareti bianche, ma certamente almeno per un' opera di Mario Carotenuto. E' anche una componente ricca e interessante del patrimonio archivistico della Galleria, l'archivio delle fotografie che documentano tutte le inaugurazioni, le domeniche, le presentazioni di libri, fin dal 1968. Questi scatti riprendono le presenze degli artisti, ma è soprattutto il pubblico che suscita interesse: sono tutti gli amici che attraversano negli anni i reportages fotografici delle domeniche, delle inaugurazioni delle mostre, che vivono in queste domeniche anche le ansie della vigilia per la partita dell'amata Salernitana con un tifo intriso di ironia, pur nella forte passione. Ma perché quest'obiettivo non percorre più da alcuni anni le quattro pareti, con le tele di quelle mostre e il pubblico di quelle domeniche? Nelle fotografie conservate scorrono le immagini di giovani diventati adulti, un po' capelloni ad un punto, un po' pelati dopo, più pingui sempre in una sorta di defiles delle mode, più o meno gradevoli: gli stivali e le cotonature delle signore, le inusitate giacche a quadri dai grandi risvolti, diverse rispetto al consueto understatement di Lelio, negli anni Settanta. Anche questi quadri per un'esposizione rappresentano un mondo, più o meno bello o sereno, che oggi viene registrato nella consapevolezza gratificante di consegnarlo alla storia, perché è un mondo che ha saputo e voluto percorrere la storia, il tempo travagliato di tutti i nostri ieri, per trasportarlo con una certa solennità formale, a termini di legge, nel cielo di tutti i domani. Si vuole così fissare nel valore dell'archivio il retaggio colto, costruttivo, critico, per quanti ne faranno fonte per costruire con la sua lettura un futuro più solido e più consapevole, per quanti credono, non smettono di credere, nel rigore della ricerca, nella coerenza delle idee, e la ricercheranno anche nella tenerezza di una piccola Francesca, nei suoi disegni infantili che riempiono la scrivania dello studiolo di Lelio e di Antonio, il suo papà socio, che lanciano, come aquiloni di speranza, le sue freschissime dediche di artista incontaminata sui pastelli primitivi...al mio grande amore: l'arte per la vita.
   Dunque tutta la galleria è la storia di trentacinque anni, di un passato: ma è soprattutto la storia di un futuro che è l'impegno, per tutti quelli che sono fisicamente scomparsi e danno forza con la memoria, la sostanziano per continuare, per non dimenticare. Lunga vita al Catalogo!

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